Ak Sarai – Palazzo di Emiro Timur

Nel lato nord-est del khissar (la parte centrale di una città all’epoca) di Shakhrisabz sorse un bel complesso di palazzo che comprese una piazza, il palazzo Ak Sarai di Timur – Tamerlano e un giardino con ottima pianificazione.

Poco si è conservato da una struttura una volta grandiosa. Il portale principale del palazzo è rivolto a nord, nella direzione di Samarcanda. Oggigiorno davanti ai visitatori sorgono due separati piloni del portale principale, alti fino ai 38 metri. Secondo i calcoli degli architetti contemporanei l’altezza originaria dei piloni di palazzo Ak Sarai doveva essere di 70 metri. All’interno dei piloni sono sistemate le nicchie per la guardia e vi sono altresì le scale a chiocciola per arrivare fino ai piazzali in alto. I basamenti delle torri furono rivestiti in marmo.  

Le facciate delle torri e dei piloni, i muri dell’arco sono abbondantemente ricoperti in rivestimento in ceramica maiolicata realizzata in mosaico con mattonelle di color blu, celeste e bianco sullo sfondo dei mattoni da vari ornamenti geometrici – i ghirikh e le scritte in cufico. Le parti interne delle nicchie del portale e l’arco d’entrata son rivestiti in mosaici fatti a filigrana e in piastrelle maiolicate con le dorature.

Ricerche – Ak Saray

Quando furono iniziate le prime ricerche del palazzo a Shakhrisabz, l’archeologo V. L. Vyatkin saliva sui piloni per riuscir a leggere le scritte presenti sul portale. Al centro del rivestimento si è conservata una scritta con la data della realizzazione – l’anno 798 dell’hijra (1395-1396) e il nome dell’architetto – Mukhammad Yusuf Tebrizi (Tabriz, la città dell’odierno Azerbaijan).

Bakhtiyar Babadjanov, uno studioso dell’epigrafia, sottolineava che in tutte le scritte è nascosta una profonda filosofia e significato sottile. Come ritiene lo studioso, le scritte possono assumere diverse interpretazioni in base al contesto. “È l’azione buona che è per il trono o è il trono che è per un’azione buona? La percepite, la sottile differenza? E comunque la parola “il trono” è ripetuta mille volte nell’Ak Saray. Magnifico, bisogna semplicemente ragionarci sopra. Qui si nasconde un significato molto sottile”.

(la traduzione del contenuto della scritta) Una persona intelligente conta sul proprio lavoro, mentre una persona stupida conta sulle proprie speranze. (sotto) Questa scritta è stata realizzata su uno dei monumenti dell’Ak Saray.

Aspetto originario del palazzo Ak Sarai – ipotesi

Potremmo solo ipotizzare sull’aspetto originario del palazzo Ak Sarai se non ci fosse una sua dettagliata descrizione lasciata dall’inviato di Enrico III, il re della Castiglia. Si chiamava Ruy Gonsalez de Clavijo e arrivò alla corte di Tamerlano in agosto del 1404. Nel suo diario de Clavijo descrisse con ammirazione le stanze del palazzo, i suoi cortili, giardini e piscine. Egli rimase meravigliato dal ricco rivestimento decorativo con il simbolo del sovrano – il leone sullo sfondo del sole. Clavijo desrisse altrettanto un altro simbolo visto su uno dei muri del palazzo del sovrano quale i tre annelli che simboleggiavano il suo potere nelle tre parti del mondo. “Feci giro del grande palazzo che veniva costruito su ordine del sovrano oramai da più di vent’anni. In questo palazzo vi è un ingresso particolarmente lungo e il portale molto alto. E proprio adesso a mia destra e sinistra vi sono gli archi in mattoni rivestiti in mattonelle smaltate dipinte in maniera varia.   

Sotto questi archi ci furono piccole stanze senza porte con il pavimento rivestito in mattonelle smaltate; in esse si sistemavano sedute delle persone nella presenza del sovrano. Il grande cortile fu largo 300 passi, da esso si accedeva alla sala del trono. La porta nella sala del trono fu larga ed alta, decorata in oro, azzurro e in mattonelle lavorate con grande abilità. Dietro questa porta si trovava la sala di ricevimenti a forma quadrata con le pareti dipinte con oro e azzurro e lavorate in mattonelle levigate, mentre il soffitto fu tutto dorato. Molti artigiani parteciparono alla realizzazione di questo palazzo”.  

Dopo gli inviati furono accompagnati nella sala che il sovrano fece costruire appositamente per “starci seduto e banchettare insieme alle proprie mogli, una sala molto spaziosa e sfarzosa; davanti ad essa vi fu un grande giardino con numerosi alberi da frutta e quelli ombrosi. Nel giardino vi furono molte vasche e prati artificiali”.

Costruzione

Ak Sarai

La costruzione del palazzo fu iniziata nel 1380, dopo la campagna militare nella Corasmia terminata con grande successo. Il palazzo fu costruito in un’area completamente vuota. Furono portati più di 50mila architetti e maestri prigionieri da tutte le parti dell’impero di Tamerlano: dalla Corasmia, dall’Iran, l’Iraq e l’India del Nord. Secondo l’idea del sovrano la costruzione sarebbe dovuta diventare insuperabile nella sua grandezza. La scala del progetto edilizio fu proprio da re. Tamerlano volle a tutti i costi che le sue costruzioni fossero le più grandi e migliori nel mondo sotto la luna. L’Ak Saray – “Palazzo Bianco” non vuol dire fosse bianco di colore. Bisogna concepire questo nome in maniera orientale – “bianco” vuol dire “principale, chiaro, perfetto, magnifico, irripetibile”. Clavijo continua a scrivere dicendo che “anche a Parigi, nota per gli artigiani abilissimi, questo palazzo sarebbe stato considerato molto fine”. Il palazzo impressionava l’immaginazione di tutti i contemporanei. “Nessuno al mondo ha mai visto una cosa uguale e raggiunto una cosa simile…”, – scrive Nizameddin Shami, uno storico, l’autore del “Zafar-name” – “Il libro delle vittorie”.   

Alla storia dell’edificazione del palazzo sono legate alcune leggende sorprendenti. Secondo una di loro Tamerlano, dopo aver deciso di far costruire un palazzo grandioso, chiamò l’architetto e gli esplicò il suo obiettivo. L’architetto, dopo aver ascoltato il sovrano, chiese il permesso di accedere alla Tesoreria dello stato. Dopo aver ricevuto l’autorizzazione, egli si mise a fare sotto gli occhi di Tamerlano i blocchi in argilla con l’aggiunta di tanto oro per le fondamenta. Dopo aver visto l’imperturbabilità del sovrano egli spezzò i blocchi e fece restituire l’oro alla Tesoreria. Alla domanda di Tamerlano: “Perchè hai fatto tutto ciò?” l’architetto rispose: “Per essere sicuro nella durezza delle intenzioni del sovrano nell’avviare l’edificazione di una struttura tale che richiederà le spese enormi”.       

Il palazzo impressionava con le sue dimensioni – il cortile fu largo 125 metri e lungo 250 metri. La decorazione interna del cortile rispettava rigorosamente le regole di un giardino orientale – la suddivisione alle forme geometriche con la netta pianificazione delle piante su alcuni levelli.  Vi furono sistemate le fontane che servivano non solo come abbellimento del cortile, ma creavano altrettanto un particolare microclima. 

Il palazzo fu ultimato qualche mese prima della morte del sovrano. Il palazzo è rimasto in uso dai discendenti di Tamerlano come confermano gli appunti di Babur, datati con la fine del XV- inizio del XVI sec.. Una serie di terremoti del 1490 daneggiò una parte delle costruzioni ed accelerò il suo abbandono. Alla fine del XVI s. Shakhrisabz si oppose al regno della dinastia degli Sheibanidi. Dopo l’assedio della città ribelle il sovrano di Bukhara Abdullakhan II ordinò di distruggere l’Ak Saray insieme alle altre costruzioni fatte costruire da Tamerlano. Pur avendo forte desiderio di cancellare i ricordi sul suo celebre predecessore, egli non riuscì a far distruggere completamente il palazzo. Nel XVIII s. i ruderi del palazzo finirono all’interno del’Urda. Il portale dell’Ak Saray abbelliva il cortile di gala dell’Urda con la sala del trono e del Tesoro. Nell’area dei precedenti giardini del sovrano e dei khauz fu situato il cortile nero “tashkari” con i locali per i nuker, servitù e la guardia. Presso l’ingresso orientale dell’Ak Saray si trovava il cantiere di cannoni – tupkhona.  

È da considerare una vera meraviglia per quei tempi il khauz sistemato sul tetto del palazzo dal quale scendeva giù una pittoresca cascata d’acqua. L’acqua nel khauz arrivava lungo un canale in piombo dal valico Takhtakaracha. Sulla base delle transizioni a gradini trovate, si può ipotizzare che le vasche nell’area del palazzo fossero state costruite sotto forma di fontane e l’acqua scorreva da un livello all’altro, garantendone la circolazione.

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